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lunedì 16 marzo 2020

L'azione dell'Europa ai tempi del Corona Virus


Solitamente, alla fine di ogni anno, siamo soliti farci gli auguri e propositi sull'anno che verrà: anche quest'ultimo capodanno non è stato da meno, tutti noi abbiamo sperato che questo 2020 potesse portare un'aria di innovazione e di speranza rivolta al futuro, che potesse portarci pace e armonia, sia a livello nazionale, che a livello continentale e mondiale. A quanto pare, il nuovo anno ha portato sì dei cambiamenti, ma non proprio quelli che auspicavamo: a partire dai primi giorni di gennaio, abbiamo avuto paura dello scoppio di una terza guerra mondiale, abbiamo sofferto con il popolo australiano per i massicci incendi che hanno devastato il paese e, ultimo ma non per importanza, stiamo assistendo alla diffusione di un virus che sta dilagando in tutto il mondo. Il Coronavirus, o scientificamente denominato Covid-19, è un virus che attacca le vie respiratorie del corpo umano, la cui mortalità di per sé non è alta, ma che, se accompagnata da altre patologie, può risultare fatale. Questa pandemia sta avendo una risonanza altissima a livello mediatico, creando così il panico fra la masse e avendo cosi un riscontro fortissimo a livello economico e culturale mondiale. Ieri, 12 marzo 2020, la borsa di Milano ha chiuso con il -16,92%, la peggiore giornata della storia dell'indice. Questo significa che i risparmiatori italiani, i quali hanno investito i propri soldi in titoli, hanno visto perdere una parte considerevole dei propri risparmi. Le parole del neo-presidente della BCE, la francese Christine Lagarde, non sono state particolarmente d'aiuto in questo periodo drammatico: le sue dichiarazioni, con le quali in sostanza ha dichiarato che non è compito suo tenere sotto controllo l'andamento dei titoli di stato italiani, non hanno fatto altro che aumentare lo spread, facendo diminuire ulteriormente il valore dei titoli italiani e aumentare il costo del debito pubblico di quasi due punti percentuali. Ma la musica non cambia negli altri indici europei e mondiali, le borse sono al ribasso e il potere d'acquisto del dollaro sta diminuendo considerevolmente, accompagnato dalla nostra valuta. L'economia mondiale quindi è in recessione: quanto tempo ci vorrà per far sì che ci si riprenda da quella che ha tutta l'aria di essere una nuova crisi finanziaria mondiale ? Ma soprattutto, come è possibile salvaguardare le necessità e i diritti delle piccole e medie imprese che sono presenti sul territorio nazionale e che risentono di più di questa crisi che, come abbiamo notato, non ha più solamente risonanza sociale ma anche economica ? Il governo, sta lavorando duramente per ovviare a questo problema, gli ultimi decreti, firmati in data 5 marzo 2020 e 11 marzo 2020, prendono misure certamente drastiche ma necessarie: fermare tutto, tranne i servizi essenziali, per preservare la salute del cittadino. Una misura più che giusta, accompagnata da una sospensione del pagamento di tasse e di mutui, per far sì che ognuno possa pagare quando ha disponibilità e per non far gravare ancor di più il peso di una momentanea sospensione del lavoro e quindi della mancanza di denaro. Ulteriori aiuti sono arrivati dall'UE: il presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen ha stanziato dei fondi pari a 25 miliardi in soccorso del nostro paese: un gesto forte, per dimostrare che lo spirito di comunità dell'Unione Europea è più vivo che mai, uno spergio nei confronti di coloro che vorrebbero vedere l'Italia fuori da questo sistema, che si dimostra efficace ed efficiente nel momento del bisogno.
L'appello del primo ministro Conte a non uscire di casa, accompagnato dalla campagna social caratterizzata dall'hashtag #iorestoacasa, sta lentamente raccogliendo i propri frutti: molti sono gli italiani che hanno recepito il messaggio e stanno compiendo dei sacrifici per risolvere al più presto il problema. Ora più che mai bisogna esser solidali sia verso noi stessi che verso gli altri, che questo nuovo senso di comunità ci leghi ancor di più, e che ci faccia apprezzare i piccoli godimenti della vita una volta che tutto questo sarà finito. Insieme possiamo farcela, insieme dobbiamo farcela.


Hamza El Moukadar, resp. Europa e Relazioni Internazionali GD

lunedì 6 gennaio 2020

Il Nuovo Vietnam tra Iraq e USA?

Follia premeditata o squallido tatticismo elettorale ?
Credo sia questa la domanda più bisbigliata o quanto meno pensata in tutto il globo dopo i recenti sviluppi infuocati fra le relazioni tra USA e Iran. Ma come si è giunti a ciò? Tutto ha inizio venerdì 27 dicembre 2019 quando in Iraq, vicino a Kirkuk un contractor americano (cioè un mercenario) viene ucciso durante un attacco missilistico ad una base statunitense. Da qui in poi la crisi ha una impennata vorticosa. Gli USA rispondono accusando le truppe sciite filo iraniane in Iraq e di contro il 31 dicembre a Baghdad le fazioni sciite assaltano l’ambasciata degli Stati Uniti. Il giorno seguente il Presidente Trump alza la posta inviando altri 750 uomini nella capitale irachena e la morsa  sembra così un po’ allentarsi sul fronte opposto.
Il 3 gennaio 2020 tuttavia Trump decide a sorpresa di fare quello
che nel poker si chiama All-In, ovvero giocarsi tutti i soldi.
Mediante l’utilizzo di un drone gli USA fanno saltare in aria all’aeroporto di Baghdad il convoglio di auto su cui viaggia l’uomo più potente dell’Iran dopo la Guida Suprema Sciita, ovvero il Generale Qasem Soleymani, comandante delle Guardie della Rivoluzione Islamica.
Immediatamente la risposta dell’Iran arriva forte e chiara negli Stati Uniti: “PREPARATE LE BARE PER I VOSTRI FIGLI”.
Il 4 Gennaio il presidente Trump tenta invano di sperimentare la carta della prevenzione dal terrorismo ideologico, cercando di far arrivare anche all’Iran l’idea che Soleymani stesse complottando contro gli Stati Uniti di nascosto anche al proprio Governo. La mossa di conciliazione  non viene bevuta. Si arriva così al 4 gennaio, giorno in cui avvengono i funerali del Generale, il segretario di Stato USA Pompeo contatta le potenze NATO, ma non ottiene il sostegno che spera e si lamenta in diretta televisiva del poco coraggio europeo. 
Il 5 gennaio l’Iraq annuncia che chiederà il ritiro delle truppe americane e l’Iran conferma che uscirà dall’accordo internazionale sul disarmo nucleare. La ricerca e l’arricchimento dell’Uranio riprenderanno di gran corsa.
La situazione resta in divenire.
Passando ad una breve analisi salta subito all’occhio l’autonomia con cui gli Stati Uniti hanno gestito la faccenda, forse troppa anche.
Perché l’Europa si è mostrata fredda? Non per mancanza di coraggio o per voglia di agire finalmente con la  propria testa, ma solo perché la Libia è già un caso diplomatico  enorme da gestire, e come si può vedere la UE ha avuto scarsi risultati per ora.
Nonostante questa scelta di convenienza è evidente che l’Europa in generale soffra di appiattimento agli USA. L’assenza per molti  anni di una politica vera e comune europea ha fatto si che gli Stati Uniti considerassero gli Stati europei  più come pedine che come alleati ed ora ne condividiamo tutti la sorte e le colpe. Perché si in Iraq vi sono ben 900 militari  italiani e alcune migliaia di altri soldati provenienti da altre nazioni europee.
L’Italia in tutto ciò è stata comunque relegata ancor più ai margini, tanto da non essere nemmeno nel giro di telefonate fra Pompeo e i Ministri degli Esteri dei membri della NATO.
È preoccupante notare come nessuno ci abbia fatto molto caso, perché comunque l’Italia è tra i principali partner Nato.
Per riallacciarsi alla domanda iniziale, perché  Trump ha cercato di ritrattare o comunque riadattare le ragioni che lo hanno spinto ad ordinare l’uccisione di Soleymani?
Le spiegazioni sono e potrebbero essere molteplici, dalla motivazione elettorale, le guerre ricompattano da sempre  i popoli; un’altra versione parla di un errore di valutazione della reazione dell’Iran (verrebbe da chiedersi se siamo tutti in un Monopoli dove pur pianificando arriva sempre l’imprevisto).  Vi è poi quella più paradossale, un atto di vendetta puro e passionale, dettato dallo smacco subito alla Ambasciata di Baghdad. Una commissione di importanti psichiatri statunitensi si è pure spinta a chiedere una mozione al Congresso per valutare la sanità mentale del Presidente Trump.
Sta di fatto che quella fatale decisione non porterà altro che ulteriori morti di innocenti in tutto il medio-oriente. Come dice un antico proverbio, certo volte è meglio non svegliare il can che dorme, perché ci si caccia in situazioni spiacevoli e  non prevedibili.
Chiudo con una frase ad effetto, ma molto valida a mio parere.

“Se la storia si ripete, e l’imprevisto accade sempre, quanto incapace deve essere l’uomo di imparare dall’esperienza!”
(George Bernard Shaw)

Autore:
Dmtrij M. Gambaccini